Per jazz si intende un genere musicale che ha mosso i primi passi dalle influenze musicali afroamericane agli inizi del XX secolo. In generale si tratta di una musica caratterizzata dalla preminenza dell'interprete sul compositore, da un forte ricorso all'improvvisazione, dall'uso di blue notes e poliritmie.
Caratteristiche principali
Rivelatosi all'inizio del ventesimo secolo come musica d'intrattenimento di dubbia reputazione[1] il jazz arrivò ad occupare il posto d'onore tra i generi leggeri nel periodo compreso tra gli anni 20 e 30 del XX secolo, la cosiddetta Era dello swing. I caratteri di musica d'arte presenti fin dagli inizi andarono accentuandosi per diventare dominanti ed essere riconosciuti attorno agli anni 50, quando il periodo dei grandi successi commerciali era ormai finito.
Per un famoso critico musicale classico, l'italiano Giulio Confalonieri, il jazz è la musica più vitale, libera e rappresentativa dell'epoca contemporanea. Al contrario Theodor Adorno, nei suoi scritti, tratta il jazz alla stregua di tutta la musica popolare, come un prodotto dell'establishment commercial-culturale, e pertanto lo considerava "cattiva musica".[2]
Dal punto di vista tecnico, il jazz moderno è caratterizzato dall'uso estensivo dell'improvvisazione, di blue note, di poliritmie e di progressioni armoniche insolite se confrontate con quelle in uso nella musica classica. In particolare la pulsazione ritmica jazzistica, elastica e a volte scandita in maniera ineguale, chiamata swing, ha sempre rivestito grande importanza in quasi tutte le forme stilistiche di questa musica.
Fin dagli inizi l'interpretazione jazzistica ha posto un grande accento sull'espressività, e, nel corso degli anni, anche sul virtuosismo strumentale. La musica jazz degli albori era basata su combinazioni di elementi musicali africani, articolata cioè su scale pentatoniche, con caratteristiche blue notes, mescolate ad armonie derivate dalla musica colta europea, ed un notevole uso di ritmi sincopati, e di poliritmi; musica colta e jazz si sono costantemente avvicinate al punto che non è raro assistere a performance classiche di musicisti jazz e performance jazz di musicisti classici.
Caratteristica peculiare della musica jazz è senza dubbio l'improvvisazione la quale, partendo dalla semplice variazione sul tema iniziale, ha assunto via via sempre maggiore importanza, fino ad assumere (nella forma che fu chiamata Free Jazz e che ebbe il suo periodo d'oro negli sessanta-settanta) la completa preminenza sul tema, che poteva anche scomparire negli esperimenti che venivano a volte chiamati "improvvisazione totale collettiva".
La formazione jazzistica moderna tipica è costituita da un gruppo musicale di dimensioni limitate. La combinazione più frequente è il quartetto, quasi invariabilmente costituito da una sezione ritmica composta da batteria, basso o contrabbasso, pianoforte e da uno strumento solista, generalmente un sassofono o una tromba.
Nell'ambito della piccola formazione sono possibili e frequenti una gran varietà di cambiamenti. Per quello che riguarda la consistenza numerica, si trovano esempi di performance solistiche (spesso, ma non sempre, si tratta di pianoforte solo), fino ad arrivare al nonetto formazione che comincia già ad assumere caratteristiche orchestrali. Si hanno anche svariatissime combinazioni per quello che riguarda la qualità degli strumenti coinvolti: si hanno esempi di jazz suonato solisticamente con la maggior parte degli strumenti orchestrali (perfino oboe e arpa) o folcloristici (ad esempio, la kora).
Il jazz possiede anche una lunga tradizione orchestrale, che ha avuto come protagonisti musicisti d'eccezione. Le formazioni jazzistiche orchestrali, che entrarono in crisi profonda alla fine degli anni trenta, sono oggi abbastanza rare, soprattutto a causa delle difficoltà economiche e organizzative collegate alla gestione di un complesso che comprende molte decine di musicisti.
Per lungo tempo territorio privilegiato dei musicisti afroamericani che lo inventarono, e avente come centro propulsore gli Stati Uniti d'America, il jazz è oggi suonato, composto e ascoltato ovunque in tutto il mondo come una nuova musica colta: se questo è vero soprattutto nel mondo occidentale, è anche vero che le esplorazioni delle radici musicali africane che molti jazzisti intrapresero a partire dagli anni sessanta e i contatti tra culture e stili musicali caratteristici dell'ultima parte del XX secolo, hanno contribuito a creare molti tipi di jazz, che vanno dalla tradizionale performance per piccolo ensemble, derivato dalle esperienze boppistiche e post-boppistiche, alla creazione di sonorità insolite che nascono dalla ibridazione di diverse tradizioni strumentali e musicali, fino ad arrivare a dissolversi nel genere chiamato world music (e in questo caso non si parla più di jazz).
Un fenomeno simile ha recentemente conferito la categoria di genere colto anche a parte della musica brasiliana e argentina (Antonio Carlos Jobim, Astor Piazzolla e altri), che fra l'altro si è apparentata con il jazz, anche per l'opera svolta da Stan Getz ed altri in conseguenza della quale molti standard jazz utilizzano modelli brasiliani e argentini.
Musica colta ma popolare
La musica Jazz si può considerare come un nuovo varco verso altri mondi musicali: un genere che, partendo da un substrato che comprendeva le forme popolari del blues (si può dire che tutta la musica moderna discende dalla poetica spassosa del blues primitivo, che è tutt'altro che un cimento infantile), degli spiritual e della musica bandistica e incorporando via via altre forme di musica nera (ad esempio il ragtime degli anni 1920) arrivò ad utilizzare una base di standard usati come punto di partenza per modificarne di continuo ogni modulo armonico, melodico, e ritmico.
Tutta la musica jazz e derivata è stata definita come colta, appunto per il presupposto che è risultante della conoscenza della musica classica, e delle varie etnie musicali. Lo stesso non può dirsi per il blues iniziale. Il passaggio di qualità può forse attribuirsi a George Gershwin, musicista di grande valore, figlio di emigranti russi, morto giovanissimo ma che ebbe dei maestri importanti e fu ispirato da autori come Debussy e Ravel. La sua produzione è incredibilmente vasta, ma restano più valide le opere definite minori (circa 700), utilizzate anche ora come standard inesauribili. Ricordiamo che lo stesso Debussy venne influenzato dal jazz, come si può ben vedere in "Golliwogg's Cakewalk", brano posto alla fine del "Children's Corner", una delle sue più celebri suite per pianoforte.
Cenni storici
1900 - 1920
La musica che sarebbe stata chiamata "jass"[3] e poco dopo "jazz" nasce quasi certamente a New Orleans all'inizio del XX secolo. Il musicista cui è attribuito il titolo di "padre del jazz", Buddy Bolden è attivo a New Orleans nel 1904. Nel 1906 il pianista Jelly Roll Morton compose il brano "King Porter Stomp", che fu uno dei primi brani jazz a godere di vasta notorietà, e negli anni seguenti a New Orleans furono attive molte formazioni jazz: tra le più importanti, quella capeggiata dal cornettista Joe "King" Oliver. La parola jazz venne stampata da un quotidiano, per la prima volta, nel 1913.
Grande notorietà ebbe la Original Dixieland Jass Band (O.D.J.B.), composta da soli bianchi e diretta dal trombettista, di origini italiane, Nick La Rocca. Dopo il debutto a Chicago il 3 marzo 1916, il 26 febbraio 1917, la O.D.J.B. registrò per la prima volta un brano jazz Livery Stable Blues. Per questo alla O.D.J.B. venne attribuito il titolo di "inventori del jazz".
1920 - 1930
Tra il 1910 e il 1920, molti musicisti di New Orleans, spinti dai maggiori guadagni che venivano offerti al Nord e dalla decadenza dell'intrattenimento a New Orleans si spostarono al nord e molti di essi scelsero Chicago, città che attrasse anche King Oliver, e attorno alla quale si creò una scuola da cui emersero molti protagonisti soprattutto bianchi, tra cui Bix Beiderbecke, Frank Trumbauer, Pee Wee Russell.
Il jazz aumentava la sua popolarità, affermandosi tra l'altro come musica da ballo e nei locali notturni. Molti protagonisti, tra cui il sassofonista Sidney Bechet fecero tourneè in Europa. Nelle orchestre aumenta l'importanza del solista come simboleggia l'emergere della figura di Louis Armstrong, reso famoso dalle registrazioni dei suoi gruppi, gli Hot Five e gli Hot Seven nel 1925.
Nacquero in questo periodo molte orchestre (Big band) tra cui si ricordano quelle di Fletcher Henderson, quella del bianco Paul Whiteman e quella del giovane Duke Ellington. La fiorente industria dell'intrattenimento e l'abbondanza di sale da ballo fanno di New York una delle città centrali per il jazz. Nel 1920, il primo disco a vendere un milione di copie è "Crazy Blues" della cantante Mamie Smith.
1930 - 1940
Le orchestre jazz. diventarono il principale veicolo di diffusione del jazz. In questo periodo assursero ai primi posti delle classifiche musicali le orchestre di Benny Goodman (che che assunse Fletcher Henderson come arrangiatore), Duke Ellington, Cab Calloway, Woody Herman, Count Basie, Chick Webb (che aveva come cantante Ella Fitzgerald), Artie Shaw, Glenn Miller, lanciando nuovi balli quali il jitterbug lo swing.
londra ]], assurse ad un ruolo di preminenza sulla scena jazzistica, prima coi locali e le sale da ballo di Harlem (tra cui il famoso Cotton Club), poi coi club che fiorirono attorno al Greenwich Village, a Broadway e alla Cinquantaduesima strada, soprannominata "swing street" o "la strada che non dorme mai". Furono questi i palcoscenici che portarono al sucesso Billie Holiday, Art Tatum,